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Francesco Salvini su La perdita e il perdono
A una prima lettura, questo libro di Corsi è semplice e immediato, un’antologia dei suoi “best of” già editi e, come coda, una nutrita miscela di inediti.
A una seconda lettura, ti rendi conto dei riferimenti colti, non solo poeti citati (Rilke, Kavafis, Pelliti) e non (Leopardi, Campana, qualcosa di Luzi), ma anche elementi di calcio e finanza. Inoltre inizi a subodorare un’atmosfera non proprio generica o casuale.
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Alla terza lettura ti accorgi che la parte “già edita” è una dichiarazione di poetica e contesto, una doverosa anticamera alle cinque sezioni che seguono: la critica (in entrambe le sue accezioni) di/a un mondo (poetico, fisico, sociale) pluristratificato e pieno di problemi che si scoprono solo dopo una lettura approfondita, con sguardo attento – l’occhio del poeta ma anche del lettore che non si ferma al primo livello di comprensione, confondendo chiarezza con semplicità.
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Roberto R. Corsi ci offre il libro di poesia sulla poesia di chi saggia la nicchia e sa di non poter durare, né come poeta, né come uomo anagrafico, tanto meno come rappresentante di una razza destinata all’estinzione.
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Questa è la perdita; il perdono è il proseguire a dirlo col suo sorriso epigrammatico.
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